I figli: non siamo noi a proteggere loro

Rifletto sull’inversione del paradigma che vede noi genitori professarci protettori dei nostri figli. E se fossero loro a proteggere noi?

Quante volte pensiamo che il nostro compito principale sia proteggere i nostri figli? Sempre, ogni giorno, costantemente.

Eppure oggi che sono mamma per la seconda volta provo nuove emozioni e percepisco qualcosa di inaspettato. Quando stringo i miei figli tra le braccia e tengo le loro piccole mani tra le mie ho la sensazione che siano loro a proteggere me.

Riccardo e Vittoria mi proteggono dalla paura di non farcela perchè mi fanno sentire che per loro va tutto bene.

Mi proteggono dalla paura di non saper amare abbastanza o di non saper trasmettere l’importanza di amare. Riccardo continua a ripetermi “mamma ti voglio bene” e riempie di coccole ed attenzioni la sorellina. Eppure lei gli ha rubato parte delle mie attenzioni. Vittoria, che ha appena compiuto tre mesi, dal canto suo sorride sempre, magari perchè riceve l’amore che le necessita e sembra le sia già tutto chiaro.

I miei figli mi proteggono dall’egoismo, dalla chiusura, dalla povertà di cuore perchè mi trasmettono ogni minuto la chiave di lettura corretta della vita. Mi insegnano che donare un sorriso, un aiuto, ci arricchisce ancora di più quando non ci si attende ricompense e che la gratitudine è la leva che insegna alle persone ad essere migliori.

Mi insegnano ad avere un pensiero per chi è distante, per chi ci delude e magari ci allontana, perchè l’affetto non è una gabbia da cui si fugge prendendo il volo senza voltarsi indietro.

Riccardo e Vittoria mi proteggono dalla furia del tempo, perchè mi fanno capire che ogni minuto impiegato ad arrabbiarmi, a lamentarmi, a fare cose dietro cose senza un senso è un minuto inutile. Il tempo ci viene donato perchè possa essere riempito di attimi che ci arricchiscono. Così va via anche la paura di invecchiare, perchè se gli anni passano ma noi diventiamo migliori allora tutto è gustoso come in fanciullezza.

Rifletto. Quanti di noi, forse qualcuno o forse nessuno, mettono al mondo un figlio per una punta di egoismo, per replicarsi con orgoglio nella specie, per ritentare un successo mancato, per compagnia o perchè non si debba dire in giro che non si ha avuto il coraggio di tentare? Può succedere se sei vittima di un contesto pieno di convenzioni, nel quale la solitudine terrorizza e perdura la frustrazione per gli obiettivi mancati. La sfida del secondo figlio però, quando arriva, mette il sigillo all’amore per l’altro, spazza via l’egoismo e ci rende più onesti se non lasciamo che le cose accadano ma siamo noi a farle accadere.

Bisogna essere attenti, vigili, capaci di rubare nella vita tutte le cose belle per le quali nessuno ci metterà in galera.

Su questo oggi rifletto e sulla meravigliosa avventura che si chiama famiglia.

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