Covid 19: perché è peggio di una guerra armata

In questo post vi spiego perché quest’incubo è molto peggio di una guerra armata.

Eccomi qui, davanti allo schermo del pc mentre Riccardo riposa.

Rifletto, anzi riflettiamo tutti, da un tempo talmente lungo da meritarci la laurea ad honorem in filosofia per le nostre teorie sul perché, su come sia successo, su come evitare il contagio, su come procurarci l’essenziale rimanendo però sempre ancorati al superfluo. Ci piace cercare colpevoli anche se nemmeno il Cluedo ci riesce. Ce la prendiamo con chiunque, inclusi coloro che stanno rinunciando al sonno, alla salute, alla vita per affrontare questa assurdità.

Non siamo noi gli eroi. Facciamo pace con questa certezza.

Possiamo solo sostenerli i nostri eroi, rimanendo nelle nostre case e pensando a come non far sentire tutto questo ai nostri bambini. Dobbiamo proteggerli dalla sensazione di segregazione, dalla nostra contagiosa tristezza. E’ la missione di reinventarsi l’umore di cinque minuti in cinque minuti, fingendo che la cosa più impensabile non stia accadendo davvero. E’ un film di fantascienza e noi siamo gli attori non protagonisti.

E’ peggio di una guerra armata questa pandemia.

Una guerra armata si combatte in squadra, con delle armi che sai che uccideranno i nemici dilaniando le loro membra. Vinci, perdi. Muore la tua squadra o quella avversaria e anche entrambe. Nel frattempo schiere di credenti (di qualsiasi religione esse siano o a qualsiasi ideale appartengano) si riuniscono, stanno insieme, per pregare, invocare la fine, farsi e darsi forza, attendere. La guerra è reale e le nostre civiltà la conoscono bene perché continuano a volerla da sempre.

La pandemia si combatte invece con una planetaria moltitudine di solitudini. Tutti perdono (la vita, qualcuno che amano, la libertà di muoversi e di respirare a bocca libera, il lavoro). La preghiera è individuale, del cuore. Non ci sono baci, abbracci, carezze. I padri e le madri rientrano a casa dal lavoro con la certezza che un bacio può decretare il contagio per i piccoli e per i cari. Non ci si incontra, non si condivide il reale. Tutto diventa virtuale, mentale, silenzioso. Le parole non si ascoltano, si digitano. La pandemia rende tutto distante, vuoto.

Siamo giunti al test tecnologico finale. Ci piace questa distanza? Ce ne ricorderemo quando a cena con qualcuno prenderemo il cellulare attribuendogli la priorità massima?

E’ difficile non sentirsi dei ladri, degli illegittimi titolari di salute chiusi dentro le nostre case a riflettere e impegnare il tempo. Sono gli altri a morire, sono gli altri gli eroi.

E’ proprio peggio di una guerra questa pandemia.

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