La ricetta per la felicità esiste: parola di scienziato

Avevo già trattato il tema della felicità sul mio blog (link al post). Dopo aver seguito l’ultima messa in onda di SuperQuark devo riaprire l’argomento. La “ricetta” per la felicità esiste.

“Ok”, mi sono detta, “adesso sparano le solite cavolate e risposte retoriche alle domande di sempre sul tema della felicità”.

Come sempre Piero Angela non delude. Sentirsi dire cosa ci fa veramente tendere al benessere utilizzando a supporto una ricerca field mi fa credere davvero nelle parole che ascolto. Non è retorica, ma verità scientifica.

L’Università di Harvard ha condotto uno studio su due campioni di adolescenti per ben 75 anni che ha evidenziato quali siano le determinanti principali del benessere dell’essere umano, ergo della felicità.

Prima di arrivarci creo un po’ di suspence. La formula magica che vi aspettate da questo post voi la conoscete già. Avete soltanto bisogno di leggerla e di pavoneggiarvi dicendo: “quanto è ovvia, lo sapevo”.
Peccato che anche nell’ovvio noi umani siamo bravi a perderci.
Altrimenti spiegatemi perché in pochi si professano felici.


La ricerca di Harvard

Il progetto iniziò nel 1938. Due ricercatori di Harvard, Grant e Glueck, hanno monitorato il benessere psicofisico di due gruppi di soggetti, all’epoca giovanissimi:

  • 456 ragazzi di estrazione povera, cresciuti nei sobborghi di Boston negli anni 1939-2014 (studio di Grant)
  • 268 studenti di Harvard laureatisi negli anni 1939-1944, chiaramente benestanti (studio di Glueck).

Per portare avanti lo studio, condotto in 75 anni da ben sette generazioni di ricercatori, ultimo il prof. Robert Waldinger, gli appartenenti al campione sono stati sottoposti nel tempo ad esami medici, interviste, questionari.

Vediamo quali sono i driver dell felicità emersi da questo studio. Vi avverto: andando avanti nella lettura di questo post penserete “ovvio”. E più direte “ovvio” più sarete costretti ad ammettere la vostra stupidità per l’incapacità di mettere in pratica l’ovvio e dichiararvi felici.


La qualità delle relazioni sociali

Secondo Robert Waldinger, una cosa incide più di ogni altra sul benessere dell’individuo in età adulta: “Le buone relazioni ci rendono più felici e ci mantengono maggiormente in salute”. In sostanza esiste una correlazione tra il calore delle relazioni, la felicità e la salute in età avanzata.


Prenditi cura del tuo corpo e delle tue relazioni

E’ questa una componente imprescindibile della formula magica per la felicità, indipendente dalla condizione economica dell’individuo (condizione di partenza o raggiunta nel corso del tempo).

Inoltre


ad incidere sulla qualità della vita
non è la quantità delle relazioni,
bensì la loro qualità

Infatti Waldinger osserva che, come è noto «ci si può sentire soli anche in una folla». La solitudine è tossica per la nostra mente e il nostro corpo. Lo stress dovuto alla solitudine infatti genera il permanere nell’organismo di forti quantità di cortisolo, esponendo maggiormente il corpo al decadimento psicofisico (ad esempio aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, ansia, apatia, perdite di memoria).

Imparare a sviluppare buone relazioni non è affare da poco. E’ richiesto equilibrio, pazienza, tempo, a volte coraggio. In ogni caso le relazioni umane restituiscono calore alla nostra esistenza, dunque benessere.


L’amore e la generosità affettiva

Nella formula per la felicità e la soddisfazione in generale rientra l’amore, elemento strettamente collegato al tema delle relazioni. La ricerca ha evidenziato che, in generale, coloro che sono circondati da amore e affetto hanno una probabilità di sopravvivenza superiore del 50% rispetto a chi ha uno stile di vita solitario.  Dunque vivere in mezzo a relazioni sociali conflittuali è nocivo per la salute, vivere in mezzo a relazioni calorose ci protegge e ci fa vivere meglio e più a lungo.

Fu George Vaillant, lo psichiatra di Harvard che ha diretto lo studio tra il 1972 e il 2004, a ricavare dalla ricerca l’elemento dell’amore. In particolare egli evidenzio l’importanza di


affrontare la vita in modo che l’amore
non venga allontanato

Ragioniamoci. Non è un bene procrastinare un rapporto (amicizia, matrimonio o relazione amorosa in genere) che ci logora. Di contro è un male anche troncare un rapporto alla prima difficoltà.

Il rischio di allontanare l’amore da noi è reale. Ad esempio se viviamo un trauma come la perdita del lavoro, di un genitore, o di un figlio, e non affrontiamo l’evento nel modo giusto, rischiamo di spingere chi amiamo lontano da noi.


Occorrono relazioni ricche d’affetto
fondate sulla reciprocità

Ricordiamoci che i rapporti d’amore generano benessere soltanto se c’è generosità reciproca nello scambio affettivo. Non si tratta di dare per avere. Ma di dare a chi ci ha donato il suo affetto perché quell’affetto non si spenga o, peggio, generi malessere.

Amare qualcuno, ma dimenticarsene, equivale a non amare.


La qualità della vita affettiva familiare

Lo studio americano, che adesso è stato riavviato su un nuovo campione di individui, ha evidenziato anche la particolare importanza della vita affettiva familiare, come di cui del più ampio insieme delle relazioni che coinvolgono l’individuo.

La sfera affettiva familiare determina, in base a come è vissuta, la felicità dell’individuo e su questo punto c’è ben poco da aggiungere.

Quello che siamo sul piano affettivo è derivazione di come l’affettività è stata vissuta prima di tutto nel rapporto con la famiglia.

Una unione conflittuale incide negativamente sulla sfera relazionale ed emotiva dei figli, che apprenderanno le modalità affettive principalmente da quell’unione.


Le regole

Infine le regole: lo studio di Harvard ha evidenziato che se l’individuo sin dall’infanzia/adolescenza segue delle regole, sarà maggiormente teso al benessere.

Le regole servono per tracciare la strada da seguire, specialmente quando la nostra età o inesperienza impediscono di comprendere quale sia il bene per noi.


Produce benessere e senso di sicurezza
avere una linea da seguire,
con qualcuno che ci guida e sa quello che fa

Le regole aiutano e sostengono la persona nei diversi contesti (vita di comunità, lavoro, famiglia, scuola).

Attraverso le regole si fornisce un esempio, perché chi si fa promotore delle regole le osserva in prima persona. Maggiore è la sicurezza con cui le regole vengono professate e rispettate da chi guida (una famiglia, un’azienda, un gruppo) maggiore è il senso di benessere dell’individuo chiamato a rispettare quelle regole.

E con questo, la formula dell’ovvio per la felicità è conclusa.

P.S. Avete notato che nella formula non c’è il denaro?

Felice smile

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